di W. Shakespeare
regia Corrado D’Elia
ruolo: Lady Macbeth
Progetto e Regia: Corrado d’Elia
Assistente alla Regia: Francesca Cavalleri
Interpreti e Personaggi: Marco Brancato (Macbeth), Margherita Di Rauso (Lady Macbeth), Guglielmo Menconi, Maria Pia Pagliarecci, Elisa Pella, Marco Brambilla, Davide Palla, Fabio Paroni.
Scene: Fabrizio Palla
Costumi: Enza Bianchini
Luci: Andrea Lisco
Sara Chiappori, La Repubblica 22 marzo 2004
“..e la terribile Lady di Margherita Di Rauso, attrice Ronconiana che sa far vibrare zone segrete…”
Ugo Ronfani, il Giorno,21 marzo 2004
“é Margherita Di Rauso, che nel labirinto degli incubi immaginato da D’Elia rende con vigore una Lady Macbeth non convenzionale…”
La storia si svolge nella Scozia del XI secolo scossa da lotte intestine per accaparrarsi il trono di un regno sottoposto alle razzie ed alle conquiste scandinave da una parte, e quelle inglesi, pi politiche ed economiche oltre che religiose, dall’altra. E’ proprio sotto il regno di Duncan I che il regno di Alban prende il nome di Scozia e comprende per la prima volta la Northumbria (Angli), Daldriada (Celti Irlandesi) e Strathclyde (Britanni). Siamo a cavallo tra la fondazione del giovane regno Scozzese e la prossima anglicizzazione dello stesso che inizierà per opera di Malcom III, che durante gli anni di regno di Macbeth soggiornò in Inghilterra acquisendo interessi per il loro stile di vita e soprattutto per la loro religione, il cattolicesimo.
Shakespeare decise di scrivere di un Re, Macbeth, che si trovò a cavallo tra padre e figlio (Duncan I e Malcom III), uccise il primo e fu ucciso dal secondo.
Dal punto di vista storico la figura di Macbeth non ha grande rilevanza, a differenza di altri personaggi storici che il bardo di Stratford Upon Avon scelse per le sue tragedie pi famose (Amleto, Otello, Re Lear, Antonio e Cleopatra) composte nello stesso periodo, e neppure paragonabile spessore morale o sentimentale.
Shakespeare accoglie la storia/leggenda di Macbeth, espande i caratteri oppositivi dei luoghi, generando percorsi intercorrenti tra castello e brughiera selvaggia che ricalcano, sul piano della metafora psicologica, le tortuose peregrinazioni di un pensiero oscillante tra logica ed irrazionalità. Proprio perché “poco importante” e meno noto, Macbeth fu caratterizzato come un piccolo uomo, in balia del libero arbitro e della moglie, Lady Macbeth. A quei tempi la Scozia era ancora dominata dai clan, e dal punto di vista religioso vi era un pullulare di credenze, miste a leggende e culti diversi, portati in questa terra dai vari popoli nel corso dei secoli. Le pratiche druidiche erano all’ordine del giorno ed è proprio su queste che ha inizio la storia di Macbeth. Dall’antro delle streghe là, in mezzo alla brughiera, si formulano i vaticini che scandiscono la divisione netta della tragedia: l’inizio, durante il quale l’azione fa il suo esordio (Vaticinio nell’Atto I e svolgimento nell’Atto II), fino a raggiungere il climax in cui si assiste al sovvertimento dell’azione stessa (Vaticinio nell’Atto III e svolgimento nell’Atto IV).
“Gli strumenti delle tenebre”, ovvero i demoni tentatori, invocati dalle streghe, di memoria evangelica ma origine nordica, hanno intercettato una vittima predisposta a far sì che l’evento predetto si realizzi: da tale momento in poi il libero arbitrio di Macbeth potrebbe coincidere soltanto con la scelta di non commettere il male, ma l’ambizione ha il sopravvento, nell’accondiscendere all’avverarsi della profezia.
E così come Macbeth adatterà il proprio destino alle profezie, ignorando l’amor proprio, i suoi sensi di colpa e la propria coscienza, anche le profezie ed i fatti del IV Atto, si adattano alle profezie stesse: i soldati coperti di fronde gli appariranno come la foresta di Birnam che si muove, Malcom che lo uccide non fu “nato di donna” ma estratto di forza dal grembo materno (Parto cesareo).
Shakespeare aveva rinunciato all’unità aristotelica di luogo, rappresentando sulla scena una pluralità di contesti ambientali e situazionali, identificabili sia sul piano concreto, sia a livello simbolico: la Brughiera ed il Castello, la realtà ed il sogno, il presente ed il futuro. Corrado d’Elia decide di farvi nuovamente ricorso, rappresenta tutto in un unico atto con un’unica scena. La Grotta delle Streghe. Unico spazio, unica scena, rappresentazione drammaticissima della storia vista dal punto di vista della mente di Macbeth da lui stesso recitato. Ci sono le informazioni ricevute dalle streghe, le sue rielaborazioni sporcate dall’influenza nefasta di lady Macbeth. Ci sono i fantasmi delle persone da lui assassinate, notizie provenienti da tutto il regno, voci lontane che anticipano il ritorno di Malcom, i demoni evocati dalle streghe e tutti quelli evocati dalla sua mente ossessionata dalla paura e dal potere.
Il palco è molto piccolo, ma questo fa sì che l’intensità scenografica e l’azione degli attori siano sempre al centro dell’attenzione, fatto per altro inevitabile dato che tutto quello che si vede durante l’intero spettacolo è il nero assoluto. Un gioco di luci regala spazio recitativo agli attori del momento, con tutti gli altri che sempre e comunque sono presenti sulla scena, ma non visibili. La luce regala anche forza recitativa, illuminando con maggiore intensità ogni momento di particolare pathos. Si è scelto quindi di non stravolgere l’opera originale utilizzando però la scena e l’illuminazione come strumento introspettivo nella psiche di Macbeth. Questi risulta vittima prima della moglie, delle streghe, dei demoni da loro evocate, dai fantasmi delle persone uccise. La caratterizzazione negativa di Macbeth trova sfogo nella violenza e nella follia, nella perdita di identità e di libertà personale, e viene enfatizzata dalla condanna morale e dalla sconfitta con la perdita della vita che ne seguono.
“La vita è solo un’ombra che cammina, un povero commediante,
Che si pavoneggia e si dimena per un’ora sulla scena,
E poi cade nell’oblio: la storia
Raccontata da un idiota, piena di frastuono e di foga,
Che non significa nulla.”
Macbeth, la vita la perde molto prima che la foresta di Birnam muova il primo passo. Le sue azioni hanno avuto già la forza di uccidere la mente mettendo in dubbio il senso stesso della vita, commettendo, sul piano psicologico un vero e proprio delitto. Le sue battute, le sue considerazioni e vaneggiamenti trovano una validità universale, che eccedono la cornice testuale e portano ad una forte empatia che dovrà trovare le risposte in ognuno di noi. Quindi la citazione del titolo, provocatoria e pessimista, non troverà risposta in questa opinione…